lunedì 12 dicembre 2011

FARINA , IMPASTI E PASTA NELLA STORIA


Da “Voglia di pane” di Anna Prandoni e Sara Gianotti – Ed. De Vecchi

Fin dalle origini l’acqua e i cereali sono stati gli ingredienti di base dell’alimentazione umana. I cereali allo stato naturale e il sistema digerente umano sono però incompatibili. L’uomo deve avere sviluppato perciò fin dal Neolitico un metodo per cuocere i cereali. 
Secondo le teorie più diffuse, prima dell’introduzione della ceramica il metodo usato sarebbe stato quello dell’ebollizione in buche. Ma questo sistema era scomodo e macchinoso, specialmente se doveva fare seguito al processo già molto impegnativo dell’eliminazione della loppa mediante sfregamento con pietre e della frantumazione per mezzo di mortaio e pestello. Le possibilità alternative sembrano ancor meno probabili: recipienti come conchiglie, secchi di cuoio e stomaci di animali avevano una durata troppo breve per poter essere usati costantemente. È difficile che minuscole particelle di grano venissero gettate direttamente nel fuoco a cuocere, e le pietre caldissime del focolare non potevano certo accogliere più di una manciata o due di chicchi. Presto tuttavia fu scoperto un metodo per cucinare i cereali che eliminava interamente il problema dei recipienti: le superfici su cui si trebbiava venivano riscaldate tanto da arrostire i granelli nello stesso tempo in cui si rompeva la loppa.
I chicchi arrostiti sulla superficie di trebbiatura venivano privati della loppa nel modo abituale e pestati in un mortaio. Il tritello ottenuto non necessitava di ulteriore cottura per essere digeribile ed era il sapore gradevolissimo; era però troppo secco per essere consumato direttamente. La soluzione più semplice consisteva nell’aggiungere un poco d’acqua al miscuglio, impastandolo fino a trasformarlo in una sorta di polenta consistente. Questo cibo doveva essere simile alla maza greca (focaccia, impasto, pane)e alla puls romana (farinata, polenta di farina di farro).

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